L’altra faccia dell’amore: il controllo relazionale
Recentemente ha destato il mio interesse la serie televisiva apparsa su Netflix intitolata “You” (2018).
Incalzante ed avvincente sotto molti aspetti, consente di osservare cosa accade quando l’amore mostra un lato oscuro e si tramuta in una trappola.
La serie è basata sull’omonimo thriller psicologico del 2014 di Caroline Kepnes, che segue le vicende di Joe Goldberg, gestore di una piccola libreria newyorkese innamorato della sua cliente e aspirante scrittrice Guinevre Beck. Joe appare colto e riservato, Beck vitale e spensierata; due mondi apparentemente lontani che si incontrano per caso. Bastano fugaci battute tra i due a far scattare l’interesse di Joe nei confronti di Beck.
L’innamoramento è una delle esperienze con maggiore impatto sul ciclo vitale umano perché è capace di cambiare profondamente le persone, di modificarne l’autorappresentazione, il modo di pensare e di agire; tutto questo naturalmente non è scevro da rischi che possono sconfinare nella patologia.
È questo il caso del nostro protagonista. L’interesse per Beck cresce vorticosamente al punto da far nascere nella mente di Joe l’idea di una relazione amorosa, o per usare le sue parole, una relazione perfetta. I suoi pensieri, sotto forma di voce narrante, mostrano il suo essere machiavellico; partendo da infinitesimi dati di realtà (un accenno della voce, un movimento delle mani, uno sguardo…) arriva a presupporre la conoscenza totale ed “immediata” di Beck, traducendo banali atteggiamenti in segnali inequivocabili che lei sta lanciando per essere contattata: «Ha pagato con la carta di credito, non in contanti, quindi voleva farmi sapere il suo nome». A questa prima intuizione segue una ricostruzione della realtà con ridistribuzioni di senso del tutto falsate, inglobando e selezionando eventuali nuovi atteggiamenti per scegliere solo quelli utili per far si che le loro vite collimino; alcuni segnali vengono accantonati, ad altri viene data amplificazione, altri ancora vengono silenziati. Evidenze opposte a quelle che si vuol costruire semplicemente rifiutate. Con il tempo le capacità cognitive e critiche di Joe, così come gran parte delle sue giornate, vengono tutte orientate verso il mantenimento delle sudette convinzioni.
Accorrono in aiuto i canali social, che Joe utilizza per ricevere informazioni quali l’ indirizzo dell’attraente Beck, le sue abitudini e le sue amicizie più strette(e come un pungo al volto ci fa destare sulla quantità di indicazioni che, spesso senza riflettere, esponiamo sulla rete e alla fantasia di uno stalker).
Man mano che la serie prende corpo emerge quello che sin dall’inizio è stato il progetto di Joe: far innamorare Beck, indirizzare la sua vita verso un amore perfetto, allontanandola e proteggendola dalle insidie che il mondo nasconde. Tutto questo può sembrare romantico, ma quando le attenzioni soffocano l’altro prendono il nome gelosia.
In un’ottica socio-antropologica la gelosia può essere vista in duplice modo. Da un estremo un ideale di rapporto che deve essere mantenuto e salvaguardato, all’altro estremo un bieco tentativo da parte di colui che è geloso di imporre i propri desideri e la propria scala di valori su un’altra persona (colui di cui si è gelosi). Nel primo caso siamo di fronte ad una speranza che non si vuole venga delusa, nel secondo caso, invece, il fine non è la salvaguardia né di sé stesso, né dell’altro ,né della relazione che ci lega all’altro, bensì del puro possesso.
Ed ecco allora che l’amore ci mostra l’altra faccia, il suo lato negativo, sfociando nel controllo relazionale.
Non mi dilungherò oltre sull’argomento, benché merita di essere approfondito successivamente, e concludo riportando una breve frase di Beck: «senza fiducia non abbiamo niente».